La nostra è una generazione “Smart”. Una generazione in cui sembra che tutto debba per forza passare attraverso quello che un tempo veniva chiamato semplicemente “telefonino”.

Oggi in pochi cm quadrati  racchiudiamo una sorta di ufficio tascabile virtuale e le Applicazioni rappresentano gli strumenti a nostra disposizione per fare qualsiasi cosa. Non si tratta necessariamente di qualcosa di negativo, da demonizzare a prescindere.

Poter gestire la posta elettronica senza essere di fronte al pc, oppure prendere appunti scrivendo direttamente sullo schermo dello smartphone, rappresentano delle facilitazioni che velocizzano di molto il lavoro ottimizzando tempi e relazioni.

Da qualche anno però il mondo del digitale sta contaminando anche il nostro amato settore boardgame. Oggi infatti quasi tutti i giochi da tavolo hanno la loro controparte elettronica e in alcuni casi quest’ultima riesce addirittura a migliorarne l’esperienza.

Prendiamo Onirim, filler edito dalla Z-man inventato da Shady Torbey che, caratterizzato da un continuo rimescolamento delle carte, attraverso l’App diventa molto più fruibile e immediato. Provare per credere.

Onirim

Ti “dedico” un App.

Quello su cui voglio focalizzare l’attenzione sono invece le cosiddette “App dedicate”. Quest’ultime sono passate da semplici “assistenti” digitali, totalmente opzionali, a veri e propri elementi integranti del gameplay, essenziali per poter intavolare il gioco.

Se prima infatti le Applicazioni si limitavano ad aiutare i giocatori fornendo strumenti come segnapunti, timer o simulatori di lancio dei dadi, la tendenza attuale è quella di dare loro un ruolo di imprescindibilità all’interno della meccanica di gioco.

App: lancio di dadi per Android

Quello che si viene a creare dunque rappresenta un ibrido, una sorta di nuova categoria di gioco che ridefinisce l’esperienza ludica sia sotto l’aspetto tattile, con componenti che vengono inglobati nell’App “scomparendo” fisicamente dal nostro tavolo, sia sotto l’aspetto del gameplay, che viene filtrato all’interno dello smartphone arricchendosi così di elementi multimediali propri dei videogame.

Il diavolo e l’acqua Santa

Personalmente, pur amando sia i videogames che i giochi da tavolo non ho mai visto di buon grado questo “cross-over”. Ritengo infatti che i due generi ludici abbiano una natura diametralmente opposta, con i primi rivolti al single-player (per me video giocare significa essere da solo, io e la mia avventura virtuale, le mie emozioni e le mie difficoltà) e i secondi invece capaci di riunire attorno ad un tavolo più persone, creare socialità e interazione umana.

In questa sede cercherò di approfondire la questione soffermandomi su due giochi che includono questo tipo di novità. Non si tratterà però di vere e proprie recensioni, ma di un “focus” al fine di valutare come l’Applicazione sia stata implementata e con quale efficacia.

Lungi da me dare una risposta definitiva al dilemma del titolo, ma spero almeno di fornire uno spunto di riflessione.

Quando il boardgame si fa FPS

Il primo titolo che voglio mettere sotto la lente di ingrandimento è U-Boot della Phalanx.

Pubblicato in Italia dalla Cranio Creation e sviluppato dalla coppia polacca Bartosz Pluta e Arthur Salwarowski, il gioco ci mette alla guida di un sottomarino attraverso una vera e propria simulazione.

Si tratta di un cooperativo puro, dove la suddivisione dei ruoli è molto accentuata ed è necessaria la massima sintonia tra i giocatori pena la prematura sconfitta.

Una volta aperta la scatola ci si rende immediatamente conto dalla componentistica che ci troviamo di fronte ad una produzione molto curata.

Il tabellone di gioco in neoprene fa da tappeto alla riproduzione 3d del sottomarino lunga quasi un metro. Ogni giocatore oltre alla propria plancia personale ha una serie di strumenti dedicati in base al ruolo che svolge: 

  • L’Ufficiale di rotta ha la mappa con righello e goniometro (che nella versione deluxe del Kickstarter sono addirittura in legno): segna e tiene traccia della rotta.
  • Il Direttore di macchina si occupa della parte meccanica dei motori e dei guasti. Ha in dotazione delle Carte che danno dei bonus temporanei e delle Tessere Tecniche con le quali risolvere dei puzzle al fine di evitare l’affondamento.
  • Il Capitano è colui che comanda il sottomarino. Il suo compito è quello di coordinare i movimenti e le informazioni stando attenti al morale dell’equipaggio attraverso una oculata gestione delle apposite Carte Capitano.

Ma il ruolo che più ci interessa è quello del Primo Ufficiale perché, oltre a curare l’equipaggio scartando gli appositi gettoni medicina, è colui che, attraverso un tablet o uno smartphone si interfaccia con l’App dedicata.

Boardgame videogame  eapplicazioni
U-Boot: l’app dedicata setup

Praticamente quest’ultima oltre a gestire quasi totalmente il flusso di gioco e i suoi automatismi comunicandoci gli eventi e gli obbiettivi, diviene indispensabile anche per alcuni aspetti legati alle meccaniche di gioco.

Sarà l’app infatti ad evidenziare le riparazioni necessarie e sempre tramite essa manovreremo il sommergibile impostando le coordinate della rotta, della velocità e della profondità

Boardgame videogame  eapplicazioni
U-Boot: gestione eventi e manovre del sottomarino

Ma l’elemento che secondo me rende eccessiva l’ingerenza dell’app è quello legato alla parte del combattimento. Lo schermo del tablet o dello smartphone diventa in questo caso il periscopio col quale i giocatori interagiscono con il mondo circostante, lo esplorano e addirittura nel caso di alcune armi, come il mitra o il cannone, prendono la mira e sparano trasformando di fatto U-Boot in un FPS (First person shooter).

Boardgame videogame  eapplicazioni
U-Boot: il periscopio e il mirino per sparare

In pratica la sensazione è che il gioco sia diviso in due parti, una tradizionale, seppur guidata dall’app, l’altra ad esclusivo appannaggio del Capitano che “videogioca” col proprio “device” escludendo di fatto tutti gli altri.

Una “sana” follia

Le Case della Follia Seconda edizione edito dall’Asterion Press nel 2016 rappresenta invece l’esempio di come il “vecchio” e il “nuovo” possano coesistere e addirittura giovare alle meccaniche di un titolo.

Il gioco ci catapulta all’interno di una avventura piena di orrore e follia in cui esploriamo luoghi tratti dai racconti di H.P. Lovecraft, impersonando da 1 a 5 investigatori dell’incubo, al fine di risolvere il mistero che si cela dietro ognuno dei 4 scenari preinstallati nell’App.

Quest’ultima assume un ruolo importantissimo all’interno del gioco senza però risultare invadente o privare i giocatori del divertimento. Ad essa viene infatti demandato il ruolo del Master, rappresentato nel gioco dalla figura del Custode, alleggerendo i giocatori da tutta una serie di incombenze.

Boardgame videogame  eapplicazioni
Le case della follia seconda edizione: schermata iniziale app

E’ l’App che introduce così i giocatori nell’avventura “raccontando” l’antefatto in una maniera anche suggestiva, con tanto di audio e musica di sottofondo. Inoltre, una volta scelti i personaggi ne determina gli oggetti posseduti e i segnalini indizio di ognuno.

Anche il setup, croce e delizia (poca) del Master è adesso gestito e velocizzato dall’app che indica le tiles appropriate per lo scenario e dove posizionare i vari segnalini (Ricerca, Esplorazione), i Png e altri elementi (barriere e passaggi segreti): una vera manna!

Lo stesso flusso di gioco, suddiviso nella Fase Investigatori ed in quella dei Miti, viene scandito dall’app. Questa si occupa poi di guidare l’esplorazione della casa, l’interazione con gli oggetti/png e il combattimento, sostituendo di fatto le carte del mazzo Eventi e quelle dei Mostri. Anche le prove abilità vengono gestite dall’app (ognuno inserirà nell’apposita interfaccia i “successi” ottenuti nel lancio dei dadi, verificandone l’esito).

A differenza però di quanto accade in U-Boot l’app si rivolge a tutti i giocatori, li coinvolge tutti, soprattutto se viene utilizzato un device di una certa grandezza: in questo caso l’effetto “wow” è assicurato.

Conclusioni

Ho cercato di portare due esempi diversi di come l’elettronica, il digitale, possa interfacciarsi col mondo del gioco da tavolo. E’ giusto che elementi tangibili, come pedine, meeple, e componenti in legno vengano affiancati o in alcuni casi sostituiti da controparti virtuali costringendoci a fissare nuovamente uno schermo anche quando siamo seduti intorno ad un tavolo?

Se il tutto viene giustamente dosato, come ha fatto Asterion, l’esperienza che ne scaturisce può risultare anche appagante. Ma il confine col videogame deve secondo me rimanere a debita distanza. Le due esperienze ludiche a mio modesto avviso daranno sempre il meglio di sé nella loro versione “pura”.  Ma il futuro può riservarci sempre delle gradite sorprese….Fatemi sapere cosa ne pensate!



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Adriano "Soki72" Lorenzin
Videogiocatore da sempre, cresciuto tra Atari, Commodore 16 e PSOne, la mia “sfortuna” è stata quella di incontrare gli amici della Tana dei Goblin che hanno risvegliato in me l’amore mai sopito per il boardgame. Da allora intavolo che è un piacere e tutte le settimane metto a repentaglio il mio equilibrio familiare riempiendo casa di famelici nerd scrocca dolci. Dopo l’esperienza editoriale vissuta qualche anno fa con la rivista Game Republic, PlayMoondo rappresenta la nuova sfida.