Questa volta per la rubrica “Rispolveriamo” ci occupiamo di un titolo che ha ormai più di 10 anni ma che rappresenta una pietra miliare per i giochi da tavolo. Al contrario di Caylus, Stone Age fa dell’immediatezza e della facilità i suoi punti di forza.
Stone age può essere tranquillamente considerato come l’introduttivo per eccellenza al mondo dei giochi da tavolo basati sulla meccanica del “piazzamento lavoratori”. Molti di voi staranno già pensando a sindacati e buste paga, ma non fatevi ingannare: in questi giochi potremo decidere quale azione compiere semplicemente piazzando i nostri “lavoratori” o pedine sull’apposito spazio del tabellone di gioco. L’obbiettivo sarà quello di combinare al meglio tutte le opzioni a nostra disposizione per ottimizzare i turni di gioco e fare più punti vittoria degli avversari.
Stone Age rappresenta l’entry level ideale per chi vuole familiarizzare con i giochi da tavolo moderni perché si spiega in poco tempo e dopo un paio di turni è già chiaro ciò che si deve fare per conquistare punti vittoria.
Il gioco ci pone al comando di una tribù primitiva composta inizialmente da 5 membri. Durante il nostro turno dovremo piazzare i nostri lavoratori su di un singolo spazio del tabellone che rappresenta l’azione che abbiamo intenzione di svolgere.
Al giro tutti piazzano i propri lavoratori sino a terminarli e poi si passerà alla fase di risoluzione delle azioni. Qui ognuno svolgerà nell’ordine che preferisce le azioni programmate. Ve ne sono di varia natura che ci permetteranno di:
Come si può vedere le azioni possibili non sono tante, ma sono sufficienti per pianificare strategie diverse, approcci diversi e garantire una certa profondità al gioco.
Ottenere le risorse non è però cosi semplice. La particolarità del gioco sta nel fatto che queste si ottengono tirando i dadi in un numero pari ai lavoratori posizionati sull’apposito spazio azione (logico, più uomini mando al fiume, più possibilità ho di ottenere oro).
Il valore ottenuto va però poi diviso per un coefficiente (stampato intelligentemente sulla plancia giocatore) che rappresenta la difficoltà di ottenimento della risorsa stessa (posiziono 3 omini sulla cava, lancio 3 dadi, totalizzo 15, il coefficiente di difficoltà per la roccia è 5 otterrò 3 unità di risorsa).
Questo sistema introduce una certa alea che contribuisce a mantenere alta la tensione al tavolo col rischio di veder saltare in un attimo tutti i nostri progetti.
Il gioco però ci da anche lo strumento per mitigare questo effetto sorpresa, attraverso l’uso dei sopracitati attrezzi da lavoro con i quali potremo aggiustare un risultato a noi non favorevole. Insomma, anche i meno esperti avranno a disposizione gli strumenti per ovviare al classico “tiro sfortunato”.
Il gioco presenta inoltre una buona interazione indiretta, con la possibilità di mettersi vicendevolmente i bastoni tra le ruote.
Le azioni sopra descritte infatti si selezionano posizionando i lavoratori sugli appositi spazi del tabellone, questi però possono accogliere un numero finito di pedine (da 1 a 7, ad esclusione della foresta dove si ottiene il cibo che, per ovvie ragioni, non ha limiti), va da se che occorrerà valutare bene le proprie mosse stabilendo delle priorità nel piazzamento dei nostri lavoratori per evitare che l’azione o la carta che serve a noi ci venga soffiata da chi ci precede.
Bisogna però dire che difficilmente resteremo bloccati senza sapere cosa fare.
Dal punto di vista grafico Stone age si presenta ben illustrato avvalendosi della ispirata matita di Michael Menzel (I Pilastri della Terra, Le leggende di Andor…), il tabellone è ricco e colorato, piacevole da guardare ma allo stesso tempo chiaro e funzionale. Il gioco è indipendente dalla lingua e i simboli utilizzati sono pochi e molto intuitivi.
Tutti i componenti sono di ottimo livello: Tabellone e plancette giocatore sono di cartoncino spesso e resistente con finitura telata come le carte. Tutta in legno la dotazione di lavoratori e risorse, rappresentate non da semplici cubetti colorati ma da forme che richiamano il materiale stesso (piccoli lingotti gialli per l’oro, bastoncini marroni per il legno, mattoncini rossi per l’argilla e piccoli esagoni grigi per la pietra).
Eccezionale infine il bicchiere in pelle cucito a mano per tirare i dadi, un vero “plus” che oggi purtroppo siamo abituati a vedere solo nelle costose versioni deluxe dei giochi di ultima uscita.
Insomma Stone age rappresenta a mio avviso un must have per ogni collezionista di giochi da tavolo e un ottimo primo acquisto per chi, come disse quel tale, è stanco del solito “giro” e si appresta a svoltare a sinistra dopo Parco della Vittoria…
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